Correlazione tra Alimentazione e Felicità

I concetti di felicità

Nell’ambito della psicologia sono presenti due prospettive di fondo, le quali sostengono una differente visione della felicità. La prima, detta edonica, si occupa di studiare l’aspetto del piacere, inteso come benessere puramente soggettivo e legato a sensazioni ed emozioni positive provate nel momento presente. La seconda prospettiva, definita eudemonica, analizza invece i fattori alla base della realizzazione delle potenzialità individuali e dell’autentica natura umana in una relazione armonica con l’ambiente fisico e sociale. La visione edonica, secondo il quale la felicità soggettiva include i piaceri fisici e quelli mentali, risulta la più adeguata in questo contesto.

Il cibo come “consolazione”

L’esposizione acuta o cronica allo stress evoca una costellazione di risposte fisiologiche e comportamentali che alterano marcatamente lo stato metabolico e comportamentale nell’uomo. L’attivazione indotta dallo stress dell’asse neuroendocrino ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) aumenta la sintesi di glucocorticoidi e la disponibilità di glucosio per alimentare le richieste metaboliche di altre risposte fisiologiche e comportamentali allo stress. I glucocorticoidi regolano anche l’accumulo e l’immagazzinamento del grasso corporeo e possono aumentare l’appetito, l’assunzione di cibo e l’aumento di peso corporeo. La selezione di alimenti ricchi di zuccheri, grassi e ad alto tenore calorico è spesso indicata come mangiare “cibo di conforto”, un termine che riflette l’idea che l’assunzione di cibo appetibile riduce le risposte allo stress, fornendo così un potenziale mezzo per le persone di “automedicarsi” per alleviare lo stress.

Coerentemente con quest’ottica, l’assunzione di cibi appetibili è associata a un miglioramento dell’umore, a una diminuzione dello stress percepito e a una ridotta concentrazione plasmatica di cortisolo, tuttavia, tale sollievo può essere transitorio di fronte alla continua esposizione allo stress, in quanto il miglioramento dell’umore è dovuto all’innalzamento immediato della glicemia e alla stimolazione di dopamina. Qualora il problema non venisse risolto alla radice, questo effetto di benessere finisce, inducendo le persone a mangiarne ancora, fino a sviluppare una vera e propria dipendenza, esattamente come accade per nicotina e alcool, con il risultato di dover aumentare sempre di più le quantità per avere un appagamento che dura per poco.

La fame nervosa

La fame nervosa è un fenomeno psicologico che si manifesta quando una persona mangia non per necessità fisica, ma come risposta a emozioni o stati d’animo. Può essere causata da stress, ansia, noia, tristezza o altre emozioni negative, e porta spesso a un’alimentazione eccessiva o a scelte alimentari poco sane. A differenza della fame fisiologica, che è caratterizzata da segnali fisici che indicano la necessità di nutrimento, la fame nervosa è spesso impulsiva e può avvenire in momenti in cui la persona non ha realmente bisogno di cibo. Questa condizione può contribuire a problemi di peso e disordini alimentari, poiché si basa su una relazione disfunzionale con il cibo. Affrontare la fame nervosa richiede spesso un lavoro su se stessi, che può includere tecniche di gestione dello stress, meditazione, riconoscimento delle proprie emozioni e, in alcuni casi, supporto professionale tramite counseling o terapia.

La correlazione tra fame nervosa e felicità può essere esplorata da diverse angolazioni, in quanto molte persone tendono a utilizzare il cibo come un modo per affrontare o regolare le emozioni negative. Mangiare in quanto caso può fornire una sensazione temporanea di piacere o conforto, che può sembrare una via per raggiungere un certo livello di felicità. Tuttavia, questo sollievo è spesso temporaneo e può portare a sensi di colpa o ansia in seguito. La fama nervosa, inoltre, può creare un ciclo vizioso in cui il mangiare emotivo porta a un improprio equilibrio psicologico. Sebbene possa fornire un senso momentaneo di felicità, le conseguenze a lungo termine, come l’aumento di peso, l’insoddisfazione corporea o problemi di salute, possono contribuire a sentimenti di tristezza o depressione, riducendo la felicità generale.

Ruolo della glicemia negli sbalzi di umore

Gli sbalzi glicemici, ovvero le fluttuazioni nei livelli di glucosio nel sangue, possono avere significativi effetti sull’umore e sul benessere mentale. Livelli di glucosio nel sangue troppo alti o troppo bassi possono portare a una maggiore irritabilità. Le fluttuazioni glicemiche, inoltre, possono influenzare il sistema nervoso, portando a stati di ansia o nervosismo. Alcuni studi hanno suggerito che le persone con frequenti sbalzi glicemici sono più suscettibili a sintomi depressivi, in quanto, le fluttuazioni dei livelli di zucchero possono influenzare la produzione di neurotrasmettitori come la serotonina, che gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dell’umore. Gli sbalzi glicemici possono influenzare anche l’appetito, portando a giri eccessivi di fame e sazietà che possono contribuire a fluttuazioni dell’umore. Gestire i livelli di glucosio nel sangue attraverso una dieta equilibrata, attività fisica regolare e, se necessario, il monitoraggio medico può contribuire a stabilizzare l’umore e migliorare il benessere generale.

Cibo e Convivialità

Un sondaggio di Oxford Economics ha rilevato come mangiare in solitudine con continuità possa renderci tristi. Al contrario, chi è abituato a condividere questo momento, è complessivamente più felice e più soddisfatto della propria vita. Lo studio ha anche scoperto che, le persone con l’abitudine di mangiare in compagnia hanno maggiori probabilità di sentirsi meglio con sé stesse e hanno reti di supporto sociale ed emotivo più ampie. Mangiare in solitudine porta spesso ad “accontentarsi” di pasti veloci come un panino, e ad essere più distratti dal pasto svolgendo altre attività, come stare a computer o sfogliando storie su Instagram. Queste attività portano a consumare una quantità maggiore di cibo che, a lungo andare, si trasforma in un aumento di peso rilevante.

Diversi studi hanno evidenziato il benessere che deriva dal mangiare in compagnia. Assaporare il cibo in compagnia, socializzando e confrontandosi sui gusti, rafforza le relazioni interpersonali e garantisce continuità sociale e culturale oltre a prevenire i disordini alimentari. Il cibo non serve solo a fornire energia, un pasto conviviale è un pasto in cui si nutre il piacere dello stare con gli altri. Il motivo sta anzitutto nella nostra testa: le occasioni conviviali incitano il nostro organismo a produrre serotonina, l’ormone della felicità, inibendo invece il cortisolo, che non solo causa stress, ma infiammazioni, innalzamenti della pressione e della frequenza cardiaca. «Il modello alimentare mediterraneo, che si fonda proprio sul valore della convivialità, fa bene e lo provano numerosi studi.

Mangiare sano vuol dire tristezza?

È luogo comune associare il “mangiare bene” con il  mangiare senza gusto, piacere, condimenti o quello che spesso si definisce  “cibo da ospedale”. E non vuole dire neanche “essere a dieta”. Mangiar bene significa invece portare sulla nostra tavola tutti i cibi che ci diano piacere e nel contempo ci consentano di assumere i nutrienti di cui abbiamo bisogno per sentirci meglio, mantenerci in salute e avere energia. Proteine, carboidrati, acqua, minerali e vitamine. In altre parole, significa mangiare, con piacere, la giusta quantità e il giusto tipo di cibo. È una convinzione non corretta, già da tempo piuttosto radicata e che purtroppo si sta sempre più diffondendo. In sintesi, mangiare sano è una questione di scelte consapevoli e di esplorazione. Con un po’ di creatività e curiosità, è possibile mangiare sano senza rinunciare al piacere di un buon pasto.

Conclusioni

Il legame tra cibo e felicità è complesso e profondo, riflettendo non solo il piacere sensoriale che il cibo può offrire, ma anche le sue implicazioni culturali, sociali ed emotive. Il cibo è spesso associato a momenti di condivisione e celebrazione, contribuendo a creare legami tra le persone e a generare ricordi positivi. Inoltre, una dieta equilibrata e nutritiva può influenzare il nostro benessere fisico e mentale, promuovendo una sensazione generale di felicità. Tuttavia, è fondamentale considerare anche l’aspetto della consapevolezza alimentare, affinché le scelte culinarie siano in armonia con i nostri valori e il nostro corpo. In definitiva, la ricerca della felicità attraverso il cibo non si limita al semplice atto di mangiare, ma si estende alla valorizzazione delle esperienze, delle relazioni e della salute, rendendo il cibo un elemento chiave nel nostro percorso verso una vita più soddisfacente e gioiosa.

Bibliografia

  • “The Happiness Project” Gretchen Rubin
  • “The Art of Eating In: How I Learned to Stop Spending and Love the Kitchen” Cathy Erway
  • “Mindful Eating: A Guide to Rediscovering a Healthy and Joyful Relationship with Food” Jan Chozen Bays
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